La guerra in Europa
Di: NELLO SCAVO – Avvenire
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I Paesi membri della NATO, che forniscono armi all’Ucraina, stanno valutando se consentire a Kiev di utilizzarle anche contro obiettivi militari in Russia. Questo è quanto ha dichiarato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, all’Economist. Secondo il settimanale britannico, Stoltenberg ha specificamente fatto riferimento agli Stati Uniti. “È giunto il momento per gli alleati di valutare la revoca di alcune restrizioni sull’uso delle armi fornite all’Ucraina”, ha affermato. “Negare all’Ucraina la possibilità di utilizzare queste armi contro obiettivi militari legittimi in territorio russo rende la loro difesa molto più difficile”, ha spiegato. Questa mossa rappresenterebbe una svolta nel fronte occidentale, anticipata anche dal Dipartimento di Stato americano, il quale sotto la guida del presidente Biden si era impegnato a non utilizzare armi occidentali, mentre sosteneva che “non un singolo soldato americano entrerà in Ucraina”. “L’Italia non è coinvolta in alcun conflitto e quindi se è giusto aiutare militarmente l’Ucraina, contemporaneamente non è neanche sul tavolo la possibilità di rimuovere il divieto a Kiev di colpire obiettivi militari in Russia”, ha dichiarato il vicepremier italiano Matteo Salvini. Inoltre, Paesi membri della NATO confinanti con la Russia come Polonia, Finlandia e Norvegia hanno concordato di creare un “muro di droni” per proteggere i loro confini. Estonia e Lettonia hanno aderito al progetto. Tuttavia, la guerra continua. Un attacco aereo russo ha colpito un grande magazzino di bricolage a Kharkiv. Al momento ci sono 4 vittime, sebbene secondo Zelensky (che non ha perso l’occasione per ribadire che “con le armi occidentali ciò non sarebbe successo”), al momento dell’attacco nell’edificio c’erano circa 200 persone.
Le elezioni presidenziali sono state fissate per il 20 ottobre, lo stesso giorno del referendum sull’ingresso dell’Moldavia in Europa. La presidente moldava Maia Sandu si è trovata ad affrontare una crisi improvvisa. Dopo aver puntato tutto sull’addio definitivo a Mosca, 20 dei 40 giudici della Corte d’Appello di Chisinau hanno presentato le dimissioni. Si tratta, secondo i giudici, di una sfortunata coincidenza. Secondo indiscrezioni, le lettere di dimissioni contengono scritte come “per motivi personali”. L’organo di governo della magistratura sta facendo del suo meglio per affrontare le “questioni personali” che sono emerse improvvisamente e simultaneamente, per far tornare i colleghi ai loro posti. Poiché dalla Corte d’Appello passano le indagini più importanti e i probabili ricorsi elettorali.
La Russia di Putin non accetta facilmente il distacco dai Paesi che considera ingrati ex membri dell’Unione Sovietica. Molti si aspettavano un altro tentativo di destabilizzazione dalla Transnistria, l’enclave filorussa non riconosciuta, ma invece il Cremlino ha mandato un altro messaggio sottile. Il latitante oligarca moldavo Ilan Shor, condannato a 15 anni per crimini finanziari miliardari, ha ricevuto la cittadinanza russa. Dopo essere scappato nel 2019 e aver ottenuto protezione in Israele che ha rifiutato l’estradizione a Chisinau per lungo tempo, il quarantenne Shor ora si trova in Russia dal febbraio, dove ha ottenuto un nuovo passaporto. Il movimento politico in Moldova a lui dedicato, il partito “Shor”, è stato dichiarato illegale dalla Corte costituzionale. Ancora una volta, Putin ha offerto salvacondotto e un futuro ben remunerato a coloro che vogliono dissentire dalla presidente Sandu: Marina Tauber, deputata del partito “Shor”, ha ottenuto la cittadinanza russa e durante un recente viaggio a Mosca, le è stato conferito da Vladimir Putin “l’Ordine dell’Amicizia”. Il messaggio è chiaro: Mosca non abbandona neanche i filorussi non dichiarati e sta pronta a sostenere i Paesi che non vogliono allinearsi con UE e USA.