Il movimento nazionalista russo, noto come Russkaja Obščina, sta guadagnando sempre più seguaci e attenzione, con raduni che stanno diventando sempre più frequenti e numerosi. Fondata nel 2020, questa organizzazione ultra-conservatrice si caratterizza per un nazionalismo sempre più xenofobo, che mette in ombra l’idea di un “Mondo Russo” inclusivo.
Di: Stefano Caprio – Asia News
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I membri della Russkaja Obščina si sono radunati in numeri sempre crescenti, con importanti personalità che partecipano e sostengono attivamente questo movimento nazionalista. Il movimento si sta spostando sempre più verso un’agenda xenofoba, con minacce esplicite verso altre nazionalità presenti sul territorio russo.
Le attività della Comunità Russa includono raduni, liturgie ortodosse e feste popolari, ma si concentrano anche su azioni “anti-migranti” e attività di squadrismo per reprimere supposti crimini etnici commessi da migranti. Questo movimento, che si autodefinisce come una sorta di “Guardia nazionale”, sta influenzando in modo significativo la politica e la società russa, contribuendo a creare un clima sempre più oppressivo e chiuso.
La Comunità del resto non è neppure tanto “unitaria”, e diverse cellule regionali agiscono per conto proprio, come quelle di Sakhalin, Kaliningrad e Krasnodar, ai poli opposti del territorio federale, che non intendono “sottoporsi agli ordini del centro moscovita”, e in queste regioni il gruppo prende il titolo di Russkaja Družina, la “Compagnia Russa” – secondo l’evocazione dei primi gruppi di boiari della Rus’ di Kiev – e al posto del San Giorgio espone sulle magliette il saluto romano.
Naturalmente la colpa delle divisioni, secondo i dirigenti della Comunità, è da attribuirsi ai “servizi segreti occidentali”, come ha affermato Andrej Tkačuk in un messaggio: “se vi invitano a un’altra comunità o družina, sappiate che si tratta di nemici della Russia”. Esistono comunque organizzazioni super-patriottiche attive da diversi anni, come la Sorok Sorokov, “Quaranta quarantine”, che ricorda il numero sacro delle chiese di Mosca, e altre simili che sostengono le politiche dello zar Putin fin da prima dell’inizio dei conflitti in Georgia e Ucraina, e ancora non si riesce a vedere la reale prospettiva di questa arrembante recrudescenza di attivismo aggressivo interno alla Russia, al di là della sempre più diffusa xenofobia derivante da attentati come quello al Krokus City Hall di marzo 2024, che nell’atmosfera della nuova consacrazione dello zar Putin costituì uno stimolo a rendere ancora più radicale la politica bellica russa.
Il nazionalismo è certamente un aspetto sempre caratteristico del patriottismo russo fin da tempi antichi, con forme di antisemitismo e disprezzo dei popoli di “pelle scura”, la černota che si riferisce principalmente alle etnie caucasiche più che a quelle africane, o con epiteti di vario genere per le etnie settentrionali, siberiane e di ceppo mongolico, che sono del resto oggi la “carne da cannone” della guerra in Ucraina, coinvolgendo perfino i nord-coreani. I russi non riescono a compatire le vite perdute di questi soldati al fronte, che del resto vengono ritenuti per lo più “mercenari” che vanno in guerra per ottenere forti compensi. Fin dalle origini della Rus’, la sensazione di essere “accerchiati” da tutte le parti è una dimensione molto radicata nell’anima di un popolo disperso su un territorio troppo vasto per le sue reali dimensioni. Oggi la “Comunità Russa” sta prevalendo sul “Mondo Russo”, che prevede l’aggregazione degli altri popoli, e proietta sul futuro della Russia un senso sempre maggiore di chiusura aggressiva, rendendo perfino le smanie imperiali di Putin un atteggiamento più aperto e disponibile ai suoi simili nel resto del mondo, a cominciare dall’imperatore dei dazi americani. I družinniki invece non cercano amici, vogliono rimanere da soli, e il resto del mondo può anche sprofondare nella distruzione atomica e apocalittica.